4.2 bis ARTICOLO (dal sito) Coppetta mestruale: a che altezza va messa?

Uno dei dubbi amletici di sempre: ma la coppetta mestrucale a che altezza va messa in vagina?

Perchè dai disegni che fanno le aziende delle coppette non si capisce mai molto, ma nemmeno dai vari suggerimenti che si trovano online o nei gruppi dedicati. Cioè tipo che la coppetta non deve inglobare la cervice e non deve fuoriuscire, o che meglio non metterla in doppia fila…

Ora, prima di continuare con coordinate GPS vaginali, credo che sia il caso di riprendere in mano un po’ di anatomia, e soprattutto di quella anatomia connessa con i muscoli del perineo e le possibili modificazioni che avvengono ciciclamente e non, in vagina.

Intanto, se non aveste già letto l’articolo dove si parla di vagina e com’è fatta, vi suggerisco la lettura (cliccate qua per andarci e poi tornate indietro)

La vagina è abbracciata dallo strato più profondo del perineo, quell’insieme di muscoli del pavimento pelvico. I muscoli di questo strato prendono il nome di “elevatore dell’ano” che non è un solo muscolo ma sono diversi.

Praticamente in questo disegno qua sopra, quel tubo azzurro è la vagina (dove andrebbe posizionata la coppetta) e nel disegno sotto vediamo come quel muscolo -elevatore dell’ano- abbraccia la vagina che ora si vede un po’ sul trasparente andante. Come si può notare, questo grande muscolo non copre tutta la vagina, ma solo la parte più bassa, più o meno metà.

Non so se vi siete mai accorte, ma durante l’eccitazione la vagina cambia forma e nella parte più profonda aumenta lo spazio. Ovvero la vagina si allunga e quella parte finale si allarga anche, questo per poter accogliere un pene con dimensioni più lunghe della vagina a riposo (lunga sui 7/10 cm) e per poter far lavorare meglio il collo dell’utero che deve “risucchiare” lo sperma (se presente) quando ha un orgasmo.
Questa porzione di vagina quindi è una parte che non è legata a quel muscolo, è molto libera perchè non deve avere dei blocchi, deve poter allungarsi in base al bisogno.

Questa cosa la potete osservare nel disegno qua sotto che mostra graficamente come e dove si crea lo spazio.

Quando la vagina non deve far uscire (nascita) o far entrare (un pene per un rapporto sessuale) tende a stare il più chiusa possibile. Questo perchè la vagina è uno spazio di discontinuità nel pavimento pelvico. Il pavimento pelvico è un insieme di muscoli che oltre alle funzioni “attive” (urinare, defecare, contenere per evitare inconvenienti in giro, rilassarsi per far nascere un bambino o per i rapporti sessuali), ha la funzione di sostenere a mo di cupola all’incontrario, tutti gli organi pelvici ed anche quelli addominali, nonchè di sostenere le pressioni varie che agiscono su di lui (tossire o sollevare un peso, per dire).
Quindi per evitare che si sforzi troppo a mantenere l’apertura vaginale aperta, tende a chiuderla quando non viene usata.

Immaginate ora di inserire in vagina una coppetta e tenerla per 3/7 giorni. Immaginate che i muscoli tenderanno a chiudersi. Cosa può capitare?

Se la coppetta mestruale è messa troppo bassa, proprio in corrispondenza dell’elevatore dell’ano, sarà schiacciata da questo. Se è morbida tenderà a deformarsi adattandosi, ma se messa troppo bassa o sul canale “stretto” facilmente ci saranno perdite.
Se è più rigida potrebbe anche andare a influenzare con i muscoli del perineo e la pressione pelvica, potranno aumentare i dolori mestruali, il rischio di emorroidi e le perdite per una cattiva aderenza delle pareti vaginali a una coppetta che non si deforma.
Nonchè essere fastidiosa e tendere più facilmente a scendere.

Come abbiamo già visto (clicca qua per leggere), le coppette solitamente hanno un bordo che è quello che esercita più pressione sulle pareti vaginali. Questo bordo dovrebbe andare a toccare le pareti della vagina in quel punto dove la vagina non è abbracciata dai muscoli, proprio in quella zona che con l’eccitazione si posizione più lontano dalla apertura vaginale.
Questo non significa che si o si che dentro la coppetta finirà per forza la cervice (collo uterino o portio), è una cosa possibile ma non obbligatoria, dipende tutto da quale forma e spazio ha la vagina. E anche se la cervice finisse dentro la coppetta non è un dramma. A volte il volume della coppetta diminuisce perchè il collo occupa spazio, a volte ci sono colli dell’utero grandi che non entrano dentro la coppetta e quindi la coppetta entra in contatto con questi, come se fossero attaccati. Quando la coppetta è fatta bene e raggiunge il suo livello di buon riempimento, tenderà a “rompere” il vuoto da sola. Se non lo fa o se è difficoltoso far entrare l’aria dentro la coppetta per toglierla, allora non è una coppetta così buona.

Si tende a pensare che una coppetta morbida non si apra in una vagina tonica. La risposta è semplice: se si cerca di aprirla dove ci sono i muscoli che stringono e riducono il lume, difficilmente si aprirà. Se invece si porta l’anello della coppetta in quella zona finale vicina al collo dell’utero, l’anello avrà più spazio e meno costrizioni per potersi aprire più facilmente. Di passo nella parte con i muscoli ci andrà la coda della coppetta che reggerà bene le strizzate e soprattutto quando la coppetta ha una forma a cuneo, questa si incunea nella vagina/perineo.

Quindi il barbatrucco con le coppette morbide è trovare quella piegatura che ci permetta di farle entrare “in profondità” e di aprirle a livello della zona più profonda.

E una riflessione che vi lascio. Se usate una coppetta rigida, che magari durante gli addominali perde…provate a pensare a quanta forza avete esercitato su quella coppetta mestruale. La stessa forza, o meglio sforzo e peso, sono andati a gravare sui muscoli del perineo che a lungo termine ne risentiranno, non solo della coppetta che va ad aumentare la pressione, ma di tutto l’insieme.

Nell’immagine sotto si vede il modellino dei genitali femminili ma per semplicità fanno sempre il perineo come una sottile linea ad amaca, senza considerare che nella realtà è in 3D. Ho usato le coppette mestruali Meluna perchè sono quelle più piccine e che si adattano meglio al mio modelli anatomico. Nell’insieme però aiutano a capire meglio a che altezza dovrebbe arrivare l’anello (o bordo) della coppetta per interferire il meno possibile con il perineo e per ridurre il rischio di perdite.

Ricordo che l’uso di una coppetta troppo rigida (usata perchè si tende a pensare che sia l’unica che si apre) può aumentare il rischio di cistiti se va a premere contro l’uretra, emorroidi se aumenta la pressione a livello del retto, dolori mestruali, irritazioni vaginali.

5.ARTICOLO (dal sito) Come pulire e sterilizzare la coppetta mestruale

Una domanda ricorrente è proprio come pulire e disinfettare/sterilizzare la coppetta.
Uno dei timori più grandi che ogni tanto spuntano come funghi, spesso pompati da medici, è quello che la coppetta sia un ricettacolo di batteri e che promuova le infezioni vaginali.
Per capire meglio credo che si debba conoscere un po’ la fisiologia della vagina, ovvero cosa succede normalmente e cosa può succedere se si usa la coppetta o anche un assorbente interno usa e getta.

Intanto una premessa sui vari termini perchè spesso si confondono molto. Nel titolo ho scritto la parola sterilizzare ma vi dico già che è sbagliata. Sterilizzare significa eliminare qualsiasi essere vivente da un oggetto, quindi o siamo in un ambiente protetto tipo una sala operatoria e armeggiamo con guanti sterili o questa procedura è completamente inutile per una coppetta che viene bollita in un pentolino non sterile, presa poi con le mani non sterili e inserita in un sacchettino non sterile.
“Non sterile” non significa sporco o pieno di batteri, ma solo che la sua carica batterica è presente. Ad esempio, anche quando ci laviamo bene le mani sulla pelle restano tantissimi batteri che fanno parte della nostra flora e sono buoni per dire, ma ci sono e quindi non possiamo dirci sterili.
Disinfezione è infece il termine che fa più al caso della coppetta. Per disinfezione si intende la riduzione della maggior parte dei microorganismi presenti su una superficie, diciamo che questa si occupa di più di quei microorganismi patogeni. Quindi disinfettare la coppetta a fine ciclo aiuta a eliminare se presenti batteri che potrebbero essere patogeni.

La flora batterica della vagina è un universo a se stante.
La flora vaginale ha un nome preciso, si chiama flora di Döderlain e ha il compito di proteggere la vagina così come altri batteri proteggono la mucosa buccale o l’intestino.
La flora di Döderlain, composta principalmente da batteri Lactobacillus acidophilus, protegge la mucosa vaginale creando un pH acido e poco ospitale, mangiando le varie risorse e siccome sono in tantissimi finiscono tutto non lasciando materie prime per i batteri patogeni, creano una specie di film che non fa aderire i batteri patogeni. I batteri acidofili sono presenti nell’ordine di 1.000.000-1.000.000.000.
Oltre ai batteri simbionti (ovvero che si trae vantaggio entrambi, come gli acidofili) ci sono dei batteri che ci sono, si nutrono ma non ci fanno nulla (saprofiti), nè benefici nè cattiverie, infine i batteri o funghi che invece diventano dei parassiti quando gli equilibri si modificano. Questi sono presenti nel 2-40% delle donne, e sono composti da streptococco, enterococco, enterobatteri, batteri anerobi, gardnerella, candida e mycoplasma, presenti in concentrazione di circa 10.000 batteri per grammo di secrezione. E ci sono dei batteri anche più rari, presenti nel 0.2-2% delle donne e costituito da pneumococchi, meningococco ed hemophilus influenzae.

Tutti questi batteri diversi dagli acidofili che possono diventare patogeni se cambiano gli equilibri, normalmente non creano infezioni e la donna è sana.
La candida ad esempio, oltre a essere presente nelle feci (ano/retto) è sempre presente in vagina ma non tanto quanto da scatenare una candidosi. Se un giorno la flora di Döderlain non riuscisse a difendere più la mucosa vaginale perchè magari ridotta a causa dell’uso di un antibiotico, o se ci fosse un abbassamento delle difese immunitarie, allora uno di questi batteri che ospitiamo potrebbe diventare cattivo, patogeno. Altre cose che possono ridurre l’equilibrio sono un aumento delle sostanze prime (ad esempio se si modifica l’alimentazione aumentando il consumo di zuccheri semplici e a orari non consoni), l’uso di detergenti intimi che siano lesivi verso la flora vaginale o la frequenza dei bidet troppo elevata, l’uso di lavande interne senza un reale motivo (ad esempio per sentirsi più pulite o dopo le mestruazioni), indumenti sintetici o stretti che non facciano respirare bene, biancheria intima dove son rimaste tracce di detersivo per i panni, una disbiosi intestinale (diarrea, influenza intestinale, ecc)…

Le più comuni vulvovaginosi non dipendono dunque da una coppetta ma da un delicato equilibrio che dobbiamo proteggere con una buona prevenzione (evitando un po’ le cose che ho scritto sopra).
Tra le infezioni vaginali ci sono anche le MTS (malattie sessualmente trasmissibili ma non stiamo a parlare di gonorrea, tricomoniasi, o leu, quelle rientrerebbero nel capitolo infezioni che si trasmettono proprio con il sesso o l’uso di dispositivi infetti, dove facciamo rientrare anche gardnerella, clamidia, candida). Ma per questi basta un solo contatto con una persona o oggetto infetto e di solito non è una coppetta.

Ricapitolando, una comune infezione vaginale si presenta quando l’equilibrio difese+flora vaginale non c’è più.

Quindi nella norma la coppetta basterebbe giusto lavarla accuratamente con acqua e sapone (come per i sex toys). La maggior parte dei batteri autoctoni della vagina dopo pochi di giorni (molti dopo poche ore) senza avere cibo e un ambiente umido muoiono, la coppetta di silicone non offre un gran bel habitat in questo senso.
Ad esempio l’escherichia coli non resiste nemmeno 1 ora su una tazzina, figuriamoci una coppetta che viene lavata con sapone.

Quindi per normale igiene della coppetta -in assenza di una infezione vaginale- è sufficiente lavarla con un detergente delicato e 5 minuti di bollitura, giusto per restare più tranquille visto che la coppetta viene usata quando è presente sangue.

la Rubycup, la Lilycup e la Meluna soft mini

La coppetta può essere bollita per 5 minuti in abbondante acqua o messa in microonde per 6-7 minuti a massima potenza (si calcola qualche minuto in più perchè è il tempo che serve per portare a ebollizione l’acqua). In alternativa se si ha a casa si possono usare anche quegli apparecchi per sterilizzare con vapore, sia esterni che da microonde.

la Fleurcup

Non è necessario che la coppetta sia completamente sommersa, non lo sarà mai a meno che non si metta un pesetto sopra, ma comunque non è essenziale.
Si potrebbero usare anche quei saponi disinfettanti, in vendita nei negozi che vendono biberon o nei siti che vendono coppette, preparare il tutto e lasciare in ammollo come indicato dal prodotto.

E in caso di vaginosi e/o candidosi?

Per una disinfezione di alto grado, solo in caso di infezioni o che la coppetta sia finita dentro un gabinetto o in posti remoti e oscuri si può sterilizzare con acqua e disinfettanti a base di ipoclorito di sodio o altri sporicidi, ad esempio i prodotti per la disinfezione dei prodotti per la alimentazione dei neonati o l’amuchina o candeggina se non si ha altro e solo in caso di effettivo bisogno.

Diversi studi sulle protesi dentarie hanno evidenziato come possa funzionare bene anche una “cottura” in microonde. Una cottura in microonde a 650 W e 690 W per quattro e sei minuti non hanno mostrato crescita microbica. (qua lo studio).

Riguardo alle soluzioni con ipoclorito di sodio, qua uno studio che evidenzia come questo rispetto a un normale detergente o altre soluzioni, elimini completamente le colonie di candida dai dispositivi orali. (qua lo studio).

Per i prodotti specifici per la disinfezione che riportino azione sporicida, seguire le indicazioni sulla confezione.

Per ipoclotito di sodio. Serve che la soluzione abbia circa lo 0,1% di cloro attivo. Una candeggina normale va dai 2 ai 5% di cloro attivo. Quindi in un bicchiere di acqua (circa 200-250 ml) ci andrà una diluizione di 1 a 20, ovvero per 200 ml di acqua circa 10 ml di candeggina commerciale che equivale a un cucchiaio da minestra.

una vecchia Mooncup e la Iriscup

Da stare attenti a sciacquare bene dopo perchè la presenza di saponi/sterilizzanti in vagina potrebbe causare irritazioni e squilibrio della flora vaginale. Oltre a una prolungata detersione dopo, potrebbe essere utile una bollitura per andare a eliminare i residui del disinfettante usato.

Che contenitori usare?

c’è chi sceglie di dedicare un pentolino solo per la coppetta e altre che usano un pentolino che usano abitualmente per cucinare.
Per il microonde vale lo stesso principio, potete dedicare una tazza o un bicchiere che possa andare nel microonde.

Durante le mestruazioni

Durante le mestruazioni si consiglia di sciacquarla solo con acqua o se non è possibile anche senza sciacquare, la cosa importante è che le mani siano pulite!! Anche quando si fa solo pipì e ci si asciuga con la carta. Ci son più batteri patogeni in quello che tocchiamo che nella vagina!

In caso di infezione

La pulizia della coppetta quando è stata usata durante una infezione va un po’ modificata. Ad esempio per una infezione batterica il cui batterio non fa spore (si anche alcuni batteri fanno spore) basterà una bella bollitura di mezz’ora. Se invece c’era la candida allora servirà uno sporicida, e la cosa più semplice e efficace è l’ipoclorito di sodio, la normale candeggina/amuchina (1 cucchiaino di candeggina o 2-3 di amuchina in un bicchiere di acqua per mezz’ora). Con una bollitura di 15 minuti a 95° non vengono eliminate tutte le candide presenti anche se buona parte di esse (qua lo studio).

Un’altra infezione che viene imputata all’uso della coppetta è la cistite. Questa spesso è causata da Escherichia coli (presente nell’intestino e nelle feci). Però di solito l’infezione arriva alla vescica passando dall’intestino e non attraverso le feci esternamente. Diversamente se è una cistite meccanica allora potrebbe essere causata da una coppetta con una forma non adeguata, ma non per una causa batterica dovuta alla coppetta.
Le donne che soffrono di cistiti recidive dovrebbero valutare varie terapie per eliminare la cistite in intestino/vescica o bere di più o scoprire la causa.
La coppetta potrebbe raramentecausare cistite, di solito quando se ne sceglie una troppo grande o rigidia che comprime l’uretra, quindi causerebbe una cistite meccanica ostacolando una buona fuoriuscita dell’urina, come può capitare anche con i rapporti sessuali. La donna lo può intuire subito questo, con il primo utilizzo della coppetta, e per risolvere basta cambiare modello di coppetta.

Sulle infezioni e coppette mestruali ci sono stati pochi studi.
Ecco uno studio sulla coppetta softcup e la correlazione tra infezioni. In 3 mesi di studio il tasso di infezioni vaginali non ha risentito del’uso della coppetta
Preclinical, clinical, and over-the-counter postmarketing experience with a new vaginal cup: menstrual collection

11.2 Additivi che è meglio evitare per lavare i panni

Carbonato di sodio o Soda Solvay

Il carbonato di sodio (Na2CO3) è un altro composto che viene usato per la pulizia domestica o per lavare i vestiti. La sua formula è molto simile a quella del percarbonato di sodio e del bicarbonato di sodio, ma tutti e tre questi composti funzionano in modo molto diverso!

Quando la soda Solvay viene sciolta in acqua a temperatura normale fa aumentare il pH (una soluzione di 50 g in un litro di acqua a 25 °C ha pH 11,5) ovviamente una quantità inferiore agirà meno sul pH ma avrà comunque un effetto alcalinizzante (che aumenta il pH).

Alcuni suggeriscono di aggiungere al detersivo un cucchiaio di Soda Solvay per aumentare il potere sgrassante. Il carbonato di sodio però agisce anche legandosi ad alcuni sali minerali, e una volta che si è legato si deposita sulle fibre dei vestiti, è utile quindi usare un “sequestrante” che cattura questi sali minerali così che non interferiscano con l’azione del carbonato di sodio, come potrebbe essere il citrato di sodio.

Per i panni le indicazioni suggeriscono di aggiungere 1-2 cucchiai al sapone che si usa (può scolorare i vestiti).

È opportuno usare con cautela questo additivo perchè è molto alcalino e aggressivo e può quindi rovinare i tessuti. Per questo non è consigliato per il lavaggio sui pannolini e assorbenti lavabili, diciamo che si “mangia la stoffa”.

La soda Solvay non si deve usare su: alluminio, legni di vario tipo, parquet oliato, parquet verniciato, rame, pannolini e assorbenti lavabili

La Soda Solvay si trova in molti supermercati e in negozi che vendono prodotti per la pulizia domestica.

Ammorbidente

L’ammorbidente nasce per rendere più morbide le fibre dopo che son state “sbattute” dai detersivi alcalini (caricano le fibre negativamente) e indurite dal calcare che ci si deposita sopra. I vari composti dell’ammorbidente ricoprono le fibre per renderle più morbide. Il composto principale è l’esterquat che è quello che neutralizza le cariche negative lasciate dai detersivi, può essere animale o vegetale, poi ci sono altri ingredienti che originano dal petrolio o comunque non proprio biodegradabili (amplificatori della morbidezza, profumi sintetici, perlanti, addensanti, antischiuma, coloranti, conservanti…ecc), e tutti questi composti vengono inseriti nell’ultimo lavaggio quindi restano adesi alle fibre perché non vengono risciacquati e quindi possono inquinare molto ma soprattutto creare irritazioni e dermatiti, nonché cerare le fibre di assorbenti e pannolini lavabili rendendoli poco assorbenti. Al posto di un ammorbidente comune se ne può scegliere uno ecologico (leggendo l’etichetta per avere conferma di cosa ha dentro) oppure acido citrico o citrato di sodio (che fanno anche da anticalcare).

L’aceto

L’aceto contiene solitamente l’acido acetico (CH3COOH) tra il tre e il cinque per cento; gli aceti naturali contengono anche piccole quantità di acido tartarico e acido citrico.

Oltre alle proprietà acide è considerato anche uno sgrassatore (la natura di essere un acido organico fa si che possa legarsi anche alle sostanze grasse), molti lo aggiungono al detersivo o creano soluzioni con aceto e detersivo. 

Essendo più corrosivo dell’acido citrico è sconsigliato da usare sui metalli e inox perché li corrode e fa rilasciare il nichel che potrebbe poi causare allergie o peggiorare quelle già esistenti verso il nichel. Si sconsiglia quindi di usarlo come ammorbidente per la lavatrice e per lavare i piatti o per la lavastoviglie. Può essere tranquillamente sostituito con l’acido citrico.

Non si deve usare: mescolato con percarbonato, bicarbonato, soda solvay, su acciaio/metalli/ferro zincato, agglomerati di quarzo, marmo, parquet oliato,

Bicarbonato di sodio

Il bicarbonato di sodio, o meglio l’idrogenocarbonato di sodio o carbonato acido di sodio (NaHCO3) è molto simile al percarbonato e alla Soda Solvay come formule e nome, ma ha caratteristiche completamente diverse.

A temperatura ambiente crea una soluzione debolmente basica (una soluzione di 50 g in un litro di acqua a 25 °C ha pH inferiore a 8,6)


Sicuramente il bicarbonato di sodio non serve per tutto, ad esempio:

– non igienizza

– non sgrassa

– non elimina il calcare

– non ha capacità come ammorbidente per i vestiti

Quindi da usare per lavare i vestiti non ha alcuna indicazione!

Anche se sulla confezione ci scrivono che serve per… o che nel sito della Solvay scrivono che… non fidatevi!

Viene spesso usato per la cosmesi, come per deodoranti e dentifrici, come deodorante (togli odori) per il frigorifero, taglieri di legno o per togliere i cattivi odori dagli olii di frittura prima di farci il sapone.

Spesso si suggerisce di usarlo come antiacido, per lavande vaginali in caso di candida, per pediluvi o bagni in basca. Si deve stare attenti alle quantità e alla frequenza. La pelle del nostro corpo ha un pH più acido rispetto a quello del bicarbonato e usarlo frequentemente potrebbe alterare l’habitat per i batteri che normalmente abitano la nostra pelle e causare irritazioni. Soprattutto per le lavande vaginali si deve prestare particolare attenzione perché il pH vaginale è di circa 3,5-4 mentre una soluzione di bicarbonato è molto più basica (8,5 circa) e potrebbe alterare il pH e danneggiare la flora batterica buona vaginale che necessita di un pH molto acido.

Usato come antiacido gastrico o per altre cure si deve tener presente che può essere dannoso se si eccede con il suo uso.

Lisciva

Un tempo era il sapone per elezione, anche perché l’unica cosa disponibile. Assieme al potere detergente però c’è una attività corrosiva che non va sottovalutata, da un lato può rovinare i tessuti e dall’altro può restare intrappolata nelle fibre e quindi causare irritazioni alla pelle. Inoltre i capi si ingrigiscono, magari non subito ma lavaggio dopo lavaggio diventano sempre più grigi.

Candeggina – Varechina 

La candeggina o “ipoclorito di sodio” è un liquido molto economico che spesso presente nelle abitazioni. Funziona ossidando le sostanze quando rilascia ossigeno, quindi sbianca e uccide i microorganismi (è un ottimo sporigeno).

Si deve essere parsimoniosi con il suo uso perché quando finisce nello scarico può andare incontro ad ulteriori reazioni chimiche e generare dei nuovi composti a base di cloro molto pericolose. La candeggina che si trova in commercio ha una diluizione intorno al 2,5-5%, mai più di 5%!

L’Amuchina è un composto a base di ipoclorito di sodio (candeggina) molto diluito ma che funziona con lo stesso principio, ha degli stabilizzanti che impediscono la formazione dei composti del cloro organici e tossici. È comunque da usare con parsimonia, sia per questo motivo, ma anche perché è molto aggressiva e corrode i tessuti.

Può essere sostituita con la candeggina delicata che altro non è che una soluzione di acqua ossigenata.

Oli essenziali

Sono composti aromatici altamente concentrati che contengono spesso degli idrocarburi. Gli oli essenziali possono sciogliere le plastiche e quindi spesso sono poco indicati da usare su silicone, plastiche, tessuti di PUL (assorbenti lavabili e pannolini lavabili). Vengono suggeriti come possibili igienizzanti, antibatterici, ecc., ma purtroppo la quantità che viene consigliata non è sufficiente per i tanti litri di acqua usati durante il lavaggio con la lavatrice, inoltre sono liquidi oleosi che non si potranno mai sciogliere in acqua a meno che non vengano trattati con un qualche agente che ne permetta la loro emulsione (un sale organico ad esempio).

Per ottenere un effetto disinfettante si dovrebbe usare più di 10 ml per i 20 lt della lavatrice (molte ne usano molta di più).

Alcuni suggeriscono di usarli per il profumo che lascerebbero sui vestiti creando degli ammorbidenti domestici, sempre stesso problema però del riuscire a scioglierli in acqua.

Ammoniaca

È un composto dell’azoto e di solito si trova in stato gassoso (NH3), lo si può però diluire in acqua e se ne ottiene un composto molto basico. È spesso usato spesso per pulire la casa o le superfici, e spesso in modo sbagliato. Liberando gas tossici causa spesso incidenti domestici perchè può causare svenimenti.

Non si deve usare: parquet oliato, parquet verniciato.

11.1 Detergenti e additivi

I presupposti per scegliere un buon detersivo da lavatrice per i panni in generale ma soprattutto per gli assorbenti lavabili sono che:

– funzionino

– funzionino senza danneggiare gli abiti

– non inquinino

– non costino un occhio della testa.

I detersivi liquidi per lavatrice funzionano bene solo fino ai 40°C mentre quelli in polvere funzionano con gli enzimi fino ai 40°C, man mano che poi la temperatura sale gli enzimi vengono degradati e iniziano a funzionare i tensioattivi che vengono liberati con le temperature pari o superiori ai 60°C.

Un detersivo deve avere un po’ di cose dentro come:

  •  tensioattivi per emulsionare lo sporco. In effetti gli unici prodotti che lavano.
  •  sequestranti per addolcire l’acqua
  •  sbiancanti (percarbonato di sodio, acqua ossigenata)
  •  enzimi per decomporre lo sporco formato da proteine, grassi o carboidrati

Percarbonato di Sodio 

È un sale (Na2CO4) che quando si attiva libera ossigeno sotto forma di acqua ossigenata

Il percarbonato di sodio si attiva con temperature elevate (sui 40°C inizia ad attivarsi ma è meglio una temperatura di 60°C) oppure se viene a contatto con sostanze che lo attivano (TAED) ma sempre a temperature sopra i 30°C. Il suo potere sbiancante è dato dal liberare ossigeno (sotto forma di acqua ossigenata H2O2) e inoltre l’altro composto che si forma si chiama carbonato di sodio, conosciuto più spesso come “soda Solvay”, che viene usato di solito per sgrassare, pulire e sovente suggeriscono di usarlo per creare detersivi casalinghi.

Il percarbonato di sodio è molto potente come sbiancante e potrebbe danneggiare i vestiti colorati.

Viene spesso usato in altri detersivi come “sbiancante a base di ossigeno”, spesso mescolato con altri prodotti come enzimi e tensioattivi. Uno dei più famosi è il Napisan, ha tra il 15% e il 30% di percarbonato, l’attivante e poi cose inutili che spesso lo rendono un additivo pessimo e difficile da lavare, nonchè molto costoso per via della marca.

In lavatrice si aggiunge nella vaschetta del detersivo (dove si mette quello in polvere) o nella pallina. Non va mescolato con l’acido citrico altrimenti si annulla quest’ultimo.

La quantità di percarbonato di sodio da usare è di circa 1 cucchiaio da minestra per lavatrice da circa 5 kg, la dose comunque dipende da quanto sono sporchi i vestiti e dalla capienza della lavatrice. Liberando ossigeno e il carbonato di sodio (soda Solvay) si suggerisce l’uso solo sui capi bianchi perchè altrimenti i colorati con il tempo perderebbero colore, non si vede subito ma lavaggio dopo lavaggio.

Lo si trova in alcuni supermercati a buon prezzo, in altri tipici del settore eco-bio con un costo più elevato.

Acido citrico

L’acido citrico è un acido molto presente in natura, ad esempio il succo di limone ha il 5-7% di acido citrico o è presente nel ciclo di Krebs degli esseri aerobi.

Lo definiscono un acido debole ma è molto forte e se lo si usa in concentrazioni del 15% (150 gr in 1 lt di acqua servono i guanti perchè irrita le mani). Viene usato per molte cose: anticalcare, ammorbidente, brillantante, conservante per alimenti E330, e tanti altri usi domestici.

In lavatrice, la soluzione tra il 10 e il 20% in base alla durezza dell’acqua, va aggiunto nella vaschetta dell’ammorbidente o aggiunto durante l’ultimo risciacquo. Se non si vuole avere questo problema si può usare il citrato di sodio.

Non si deve usare mescolato con percarbonato, bicarbonato, soda solvay, sugli agglomerati di quarzo, sul ferro zincato, sul marmo.

Nei negozi lo si trova in quelli eco-bio tipo natura sì, oppure nei posti dove vendono cose per la viticultura.

Sapone di Marsiglia e detergente per i piatti

Il sapone di Marsiglia, praticamente glicerina, è ottimo per pretrattare le macchie ma non per lavare da solo i capi, i tessuti si ingrigiscono e si possono cerare. Il sapone quando è disciolto nell’acqua può legarsi con i sali minerali presenti, come calcio e magnesio, e forma una patina densa e molliccia; per evitare questo servirebbe un sequestrante come il citrato di calcio. Inoltre il sapone di Marsiglia può cerare le fibre e se si lavando pannolini o assorbenti lavabili diminuirebbe la loro assorbenza.

Va quindi usato con parsimonia e va sciacquato bene.

Il detersivo per i piatti viene poco considerato per il trattamento delle macchie dei panni, invece è ottimo come smacchiante. Addirittura le inglesi lo usano per fare lo stripping dei pannolini lavabili, per una pulizia più profondo.

Può essere un ottimo aiuto ad esempio per le macchie di unto o per gli odori molesti che non vogliono andare via (classica ascella pezzata).

10.2 Come si usano e come lavarli quando si usano

Il sangue contiene varie sostanze tra cui ferro e proteine che con il calore o seccandosi possono modificarsi e quindi fissarsi alle fibre.

La prima cosa da fare quando si toglie un assorbente sporco è quella di bagnarli con acqua fredda per togliere gli eccessi di sangue quando si è a casa, o se si è fuori far si che non si secchino in attesa della prima sciacquata → sacchetto impermeabile

Sciacquarli può essere una cosa non particolarmente veloce, si devono passare sotto l’acqua strizzandoli delicatamente fino a che non ci sono più tracce di sangue, ovvero acqua rosata, e lo si deve fare con l’acqua fredda.

La gestione dell’assorbente fuori casa è semplice. Si chiudono a pacchettino quando possibile e si mettono in una busta di plastica o in una di wetbag, che mantiene umidi gli assorbenti ed è impermeabile, così che si possa inserire in borsa senza avere timore di macchiare tutto. Comunque quando si arriva a casa si devono togliere dalla wetbag e sciacquare sotto l’acqua fredda.

Una volta sciacquati si possono stoccare in un barattolino con tappo fino al lavaggio in lavatrice. Nel barattolino si potranno lasciare così umidi o ci si potrà aggiungere dell’acqua per lasciarli in ammollo, la cosa importante però è di cambiare l’acqua ogni giorno. Se non si cambia l’acqua il tutto prende un cattivo odore.

Non sempre quando si sciacquano tutte le macchie vengono via, alcune macchie potrebbero essersi seccate.

Si può fare in vari modi:

* lasciarli in ammollo e riprovare il giorno dopo, usare del sapone di marsiglia e tipo un bruschino/spazzolino per strofinare la macchia, facendo però bene attenzione a non stropicciare il PUL che si rovinerebbe e a sciacquare bene il sapone che se resta poi cera le fibre assorbenti

* lasciare la macchia e vedere come vengono dopo il lavaggio in lavatrice e dopo averli stesi al sole

I barattoli o contenitori che si possono usare:

– quelli del gelato o dello yogurt

– i contenitori da cucina, tipo tupper, casomai ne scegliete uno che si addice al design del bagno e che poi sia dedicato a quello, così che sia sempre disponibile!

– qualsiasi contenitore con tappo che ci sia in casa o che costi poco

Gli assorbenti sporchi non dovranno restare più di 3 giorni in ammollo o sporchi prima di essere lavati.

Il lavaggio può essere fatto con altri capi, biancheria o vestiti, la cosa importante è usare una temperatura non superiore ai 40 gradi quando hanno residui di sangue e non usare l’ammorbidente.

In base al tessuto di cui sono fatti gli assorbenti ci potranno essere delle macchie, ad esempio cotone e bambù sono molto più macchiabili rispetto al tessuto tecnico dove quasi non si vedono le possibili macchie.

Se dopo i primi trattamenti (acqua fresca, sapone Marsiglia, spazzolino, lavatrice) restano ancora macchie si può ancora rimediare!

Per smacchiare gli assorbenti si può usare il sole che va a agire sullo stato di ossidazione del ferro che ha causato la macchia, quindi basterà metterli ad asciugare al sole tanto o poco che ce ne sia.

In assenza del sole si può usare l’acqua ossigenata che agisce come il sole, basta quella normale da farmacia che si prende come disinfettante.

Non è indicato il percarbonato di sodio come sbiancante perché si attiva sopra i 40 °C e quindi la temperatura elevata potrebbe “cuocere” ulteriormente le macchie di sangue piuttosto che eliminarle. Il percarbonato rilascia ossigeno quando si superano i 40/60 °C.

Se invece l’assorbente non è macchiato e una vuole lavarlo più approfonditamente, o cercare di sbiancarlo, li può lavare anche a 60°C usando il percarbonato.

La candeggina delicata, quella a base di acqua ossigenata può essere usata per provare a smacchiare o per i lavaggi.

Gli oli essenziali usati per profumare o disinfettare non sono indicati. Intanto perchè sono oleosi e non si sciolgono in acqua, quindi potrebbero perdersi senza ottenere benefici. Secondo se sfiga vuole la goccia si deposita nel PUL questo potrebbe rovinarsi perché l’olio essenziale è composto da sostanze aromatiche molto concentrate che possono sciogliere le plastiche.

Alcune donne preferiscono lavarli a mano, è importante in questo caso non stropicciare l’assorbente che ha PUL altrimenti questo si rovina e perderebbe la sua azione “impermeabile”. Possono comunque sopportare il programma centrifugazione della lavatrice.

E’ sconsigliato l’uso della candeggina per sbiancarli o disinfettarli, questa potrebbe bruciare le fibre o ci potrebbero volere molti lavaggi per eliminare le tracce di varichina.

Un assorbente è pulito quando non profuma di nulla, nemmeno del detersivo usato per lavarlo.

Per i salvaslip usati quotidianamente il lavaggio è più semplice visto che non sono macchiati di sangue. Si lavano come la normale biancheria intima!

10.1 Come lavarli per il primo utilizzo

Appena si comprano gli assorbenti vanno lavati, sia per togliere lo sporco che si accumula durante la lavorazione dei tessuti che dell’assorbente stesso, e soprattutto per far si che le fibre diventino più assorbenti.

Per quanto riguarda il numero di lavaggi per arrivare all’assorbenza ottimale dipende dalle fibre con cui sono composti gli assorbenti.

Ad esempio il bamboo raggiunge una assorbenza decente dopo almeno 8-10 lavaggi. La microfibra si dice che ne bastino 3 ma potrebbero essere utili altri lavaggi ulteriori, soprattutto se vedete che dopo mezz’ora/1 ora il pul è macchiato ma l’assorbente non è “pieno, pesante”. Quindi è possibile che anche dopo i 3 lavaggi iniziali gli assorbenti non diano ancora il massimo.

Come per i pannolini lavabili si suggerisce di fare 3 primi lavaggi a 60 gradi centigradi, il primo con sapone e gli altri due senza. Visto che gli assorbenti non sono tanti quanto i pannolini lavabili i lavaggi potranno variare, ad esempio lavarli con gli asciugamani o con il resto dei vestiti.

Per il lavaggio comunque è indicato una quantità di sapone inferiore di quella che si usa normalmente ed è vietato usare l’ammorbidente perchè cera (impacca) le fibre che non assorbirebbero più nel modo corretto.

→ Suggerire l’uso di Acido Citrico al posto dell’ammorbidente

Lavando gli assorbenti con gli altri vestiti colorati si rischia che quelli bianchi prendano il colore che gli altri capi cedono, quindi si possono ingrigire o colorare. E’ giusto un fattore estetico e non funzionale.

Se l’assorbente diventa diversamente bianco non c’è più molto da fare. Il percarbonato potrà aiutare un po’ ma non risolve il problema, la candeggina rende il cotone in questi casi giallino ma non bianco. Si può provare a lasciarli al sole, ottimo smacchiatore naturale.

9.7 Dove comprarli

Come per le coppette mestruali sono pochissimi i negozi che vendono assorbenti lavabili. Si possono trovare nelle fiere dedicate all’ecologia e sicuramente online. Spesso i siti che vendono le coppette mestruali vendono anche gli assorbenti lavabili.

9.6 Differenze del prezzo

Si può andare dai 4 euro per un salvaslip di fabbrica a circa 6/15 per un normale assorbente, o più per quelli notturni e dopo parto.

Il prezzo può dipendere dal tipo di PUL usato (quello con le fantasie ha un costo maggiore), dal tipo di lavorazione (sartoriale o di fabbrica) e dal tipo di tessuti assorbenti che hanno usato (il bamboo è più caro della microfibra).

Il costo totale è comunque più economico rispetto agli usi e getta se si pensa che dureranno anni e non si produrranno più rifiuti non biodegradabili.

9.4 Misure e modelli

Come modelli gli assorbenti, riferendoci ai pannolini lavabili, li potremmo distinguere in tre categorie: “tutto in uno”, “tutto in due” e “pocket”.

I “tutto in uno” sono i più comuni, tutti gli strati sono cuciti assieme e non si deve toccare l’assorbente, è già pronto. I “tutto in due” hanno un sistema di bloccaggio per gli inserti, ad esempio i Lunapads hanno un inserto che si può aggiungere e bloccare sotto due fettucce che lo fanno restare fermo. I “pocket” invece sono quelli che prevedono una tasca, una apertura, per inserire gli inserti.

Gli assorbenti hanno misure e forme diverse, i più corti sono lunghi 15 cm e spesso sono salvaslip, con o senza PUL.

Le misure degli assorbenti “normali” vanno dai 18 ai 25/28 cm in base ai propri gusti, e infine ci sono gli assorbenti notturni (dai 26/28 ai 33/35 cm) e quelli dedicati al post parto, molto simili ai notturni spesso hanno la parte posteriore più larga e raggiungono i 38-40 cm come lunghezza.

Lunghezze assorbenti (pollici = cm)

6″ = 15 cm

7″ = 18 cm

8″ = 20 cm

9″ = 23 cm

10″ = 25 cm

10,5″ = 27 cm

11″ = 28 cm

12″ = 30,5 cm

13″= 33 cm

14″ = 35,5 cm

15″ = 38 cm

16″ = 40 cm

Le prime distinzioni sono in base alla lunghezza, assorbenti da:

  • perdite
  • flusso normale
  • flusso abbondante
  • notturno
  • dopo parto

Inoltre possono anche avere delle forme diversificate come per gli assorbenti pensati per i tanga, quelli notturni sono anche più larghi mentre i post-parto spesso hanno proprio la parte posteriore molto più larga di quella anteriore. Le forme si diversificano poi in base al produttore e alle proprie scelte ed esperienze.

Ultimamente le produttrici di assorbenti lavabili hanno inserito la possibilità di scegliere gli assorbenti oltre che per la lunghezza anche per l’assorbenza, che cambia in base agli strati di tessuto e alle fibre scelte.

La maggior parte degli assorbenti lavabili è di produzione “casalinga” e per questo si possono avere tante varietà da poter scegliere.

Oltre a scegliere la lunghezza e l’assorbenza ci sono altre cose da osservare quando si sceglie un assorbente lavabile.

Altri parametri da valutare sono le cuciture. Alcuni possono essere rifiniti in malo modo (risvoltati male ad esempio e non ribattuti con una cucitura) o rifiniti con la taglia e cuci che a lungo andare deforma il l’assorbente e non resta ben aderente agli slip, o peggio ancora la cucitura si sfilaccia tutta.

I bottoni. Devono essere preferibilmente di plastica e non di metallo che con i tanti lavaggi potrebbero arrugginirsi e rovinare tutto l’assorbente. Avere una misura piccola di 10 mm, quelli troppo grossi come da 15 mm possono essere molto fastidiosi. Il velcro è da escludere completamente per l’ingombro e la poca praticità.

Inoltre i bottoni devono essere allineati e non sfalsati, se lo sono chiudendoli l’assorbente si deformerà tutto!

Negli assorbenti pocket l’apertura può essere centrale e capitare proprio in mezzo alla vulva e risultare fastidiosa o portare l’assorbente a deformarsi e allargarsi tutto durante l’uso rendendolo molto scomodo, talvolta l’apertura è su uno dei lati corti. Quando la parte dell’assorbente che accoglie l’inserto è in poliestere (sia PUL+ parte a contatto con la pelle) e l’inserto è in cotone o bambù, con i lavaggi l’inserto si può accorciare e dopo potrebbe non stare più tanto bene dentro l’assorbente ma ballare o far macchiare gli slip.

Quanti e quali assorbenti prendere

Dipende molto dal flusso della donna, da quanto spesso si cambierebbe e dal tipo di assorbente che si sceglie. Ad esempio per una donna con un flusso abbondante un assorbente con sola microfibra forse dovrà essere cambiato più spesso rispetto a un assorbente con tessuto di bambù.

Il numero perfetto di assorbenti da avere la donna lo potrà scoprire nel tempo e in base ai modelli con cui si trova meglio.

È consigliato comprare ad esempio uno o due assorbenti alla volta di marche diverse e soprattutto di tessuti diversi per poter comprendere qual è il preferito. Non sempre la scelta di un tessuto naturale è quella che si adatta meglio alle proprie esigenze, ad esempio chi non ama sentirsi bagnata dovrebbe evitare di avere il bambù a contatto con la pelle mentre si troverebbe molto bene con i tessuti tecnici.

Per chi usa la coppetta mestruale perfetti sono gli assorbenti lunghi 15 cm dedicati allo spotting, ne serviranno 2-4 al giorno in base a quanto una abbia il bisogno di cambiarsi.

Ad esempio la scelta del tessuto e del colore a contatto con la pelle la si fa anche in base a quello che una non vuole vedere, i tessuti tecnici colorati o scuri non fanno vedere le macchie di sangue mentre vengono usati e questo è apprezzato da molte. Altre invece preferiscono il contatto con cotone o con il bambù. È solo questione di provare e comprendere con quale assorbente una si trova bene.

9.3 Tessuti impermeabili

La maggior parte degli assorbenti ha uno strato di tessuto impermeabile che va a contatto con gli slip per evitare che il sangue macchi gli slip.

Il PUL, poliuretano laminato, è un tessuto spesso di poliestere su cui c’è un sottile strato di poliuretano che rende il tessuto impermeabile ma traspirante. Esiste anche il PUL di cotone ma viene usato di meno.

Pile o microfleece, ci sono alcune ditte che usano il pile al posto del PUL, gli assorbenti sono molto più comodi ma non sono adatti per flussi molto abbondanti.

Ci sono poi degli assorbenti che sono composti da fibre del mais. Io ho avuto occasione di provare intanto il primo modello-prototipo ma sono molto simili come confort a un usa e getta, rividi e duri. Slittano sul salvaslip e il sangue si dirama subito verso i margini macchiando gli slip. Gli ho lavati poche volte ma alcuni mi hanno riferito che non hanno una resistenza come gli assorbenti in tessuto.

In base ai tessuti con cui è realizzato un assorbente potrà avere un prezzo più o meno alto, una assorbenza diversa e un tempo di asciugatura diverso. I salvaslip giornalieri sono spesso composti da pochi strati, di solito 2-3 e non contengono il PUL, perché sono pensati per essere usati tutti i giorni e anche se il PUL è traspirante potrebbe dare comunque fastidio. Le forme dei salvaslip sono varie, di solito hanno una misura di 15 cm, si trovano sia per slip normali che per tanga. Alcune produttrici su richiesta li fanno della misura desiderata dalla cliente.